January 7, 2021 Geko 0 Comments

Uno dei miti più importanti è quello che riguarda la nascita del mondo, la così detta ‘cosmogonia’. Ci sono due versioni di questo mito: un essere supremo e onnipotente che crea il mondo, oppure alcune parti del mondo stesso, sotto l’aspetto di divinità antichissime, danno vita a tutte le creature, compresi gli altri dei. Questa seconda concezione è la più diffusa e alla dea Terra si unisce il dio che rappresenta il Cielo, per generare altri elementi della natura e di tutti gli esseri viventi. Così avviene anche nel mito greco.

Gea, chiamata anche Gaia in greco ionico è una dea della mitologia greca. In particolare secondo il mito greco alla sua origine vi è proprio Gea, la Terra, la dea primordiale, la madre di tutte le altre divinità simboleggianti gli elementi naturali. Gea fu madre di Crono e di Rea, che a loro volta generarono tutti i primi dei dell’Olimpo: Zeus, Era, Poseidone, Estia, Ade, Demetra. Spesso in rapporto conflittuale con il suo sposo Urano (il Cielo), Gea è la dea delle antiche società agricole del Mediterraneo. Simbolo della natura e dell’elemento femminile, è dunque la prima dea del mondo greco. Fonti scritte dateci da Esiodo, uno dei poeti greci di cui abbiamo notizia, autore di una Teogonia (storia della generazione degli dei), ci tramanda che prima di Gea esisteva il Caos, una voragine e oscura confusione del tutto.

Gea è dunque il simbolo dell’importanza della terra nelle civiltà agricole antiche, ma anche del ruolo della donna nel procreare e allevare i figli. In un antico inno greco ‒ A Gea, madre di tutti i viventi ‒ la dea è invocata così: “Gea io canterò, la madre universale, antichissima, che nutre tutti gli esseri, quanti vivono sulla terra; quanti camminano, quanti sono nel mare e quanti volano, tutti si nutrono dell’abbondanza che tu concedi. Grazie a te gli uomini sono fecondi di figli e ricchi di messi”.

Il culto di Gea, sicuramente molto diffuso in età più antica, perse via via importanza perché la madre Terra appariva un essere troppo generico e senza una personalità ben definita rispetto alle altre divinità più giovani e specializzate in una determinata funzione. Il filosofo greco Platone, all’inizio del 4° secolo a.C. considerò il culto di Gea addirittura “tipico dei Barbari”.

Ancora unendosi a Urano Gea genera i Ciclopi, esseri giganteschi con un solo occhio sulla fronte, e gli Ecatonchiri, mostruose creature con cento braccia. Urano, avendo in odio questi suoi figli spaventosi, li rinchiude in un luogo infernale al centro della terra, il Tartaro. Crono, però, l’ultimogenito fra i Titani, riesce a liberarli evirando il padre Urano e prendendo il suo posto come dominatore di questa antica generazione divina. Dal sangue dei genitali di Urano, caduti su Gea, nacquero ancora esseri mostruosi: le Erinni, che rappresentano simbolicamente le paure e i rimorsi degli uomini, e i Giganti. Anche Crono, tuttavia, volle proteggersi rinchiudendo nel Tartaro i suoi fratelli e divorando tutti i figli che via via aveva da Rea. Ma questa, ricorrendo all’aiuto di Gea, riuscì a sottrarre a Crono il suo ultimogenito, Zeus, che una volta cresciuto spodesterà il padre e instaurerà un nuovo ordine divino e umano.

Se analizziamo il mondo dell’arte, vediamo la scarsa rappresentazione di Gea in confronto alle altre divinità dell’Olimpo, dove si hanno in grandi quantità di sculture, pitture sia antiche che moderne. Per la Madre Terra si ricordano solo alcune raffigurazioni nelle decorazioni di vasi ateniesi, in mosaici dove semisdraiata è affiancata da Carpi che simboleggiano i frutti della terra. La poca popolarità di cui godeva questa dea era forse dovuta al tema delle divinità pagane che si opponevano nettamente al cristianesimo.

Al Geko Art Studio lo scultore Octavio Palomino si è lasciato ispirare da questa figura mitologica, creando una scultura, forse pensando al culto della Pachamama peruviano il cui significato in lingua quechua è proprio quello della Madre Terra, dea della terra, agricoltura e fertilità, divinità adorata dagli Inca. E’ interessante sapere che ancora oggi i popoli andini praticano il culto del ringraziamento alla Pachamama, restituendo alla Madre terra il nutrimento che essa fornisce loro.

Magari con quest’opera l’artista ha voluto ringraziare a modo suo la Terra?