Il Geko Art Studio si unisce alle celebrazioni del Dantedì, la giornata dedicata a Dante Alighieri e al poema della “Divina Commedia”.
Nella primavera del 1300, precisamente il 25 Marzo, all’età di 35 anni, Dante inizia il suo viaggio fantastico, attraverso i tre regni del mondo ultraterreno. Intrappolato in una vita peccaminosa, la cosiddetta selva oscura, non riesce a trovare da solo la via del bene. La selva suscita timore, essendo un chiaro preannuncio della dannazione della sua anima.
“Nel mezzo del cammin di nostra vita
Mi ritrovai per una selva oscura
Che la dritta via era smarrita.
Ah quanto a dir qual era è cosa dura
Esta selva selvaggia e aspra e forte
Che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’io vi trovai,
dirò dell’altre cose ch’i v’ho scorte.
Io non so ben ridir com’io v’entrai,
tant’era pieno di sonno a quel punto
che la verace via abbandonai.”
Il poema dal significato allegorico, è volto a riportare gli uomini sulla retta via, rappresentando i castighi e le ricompense che attenderanno gli uomini peccatori o virtuosi nella vita eterna.
All’uscita della selva, Dante vede la sommità del colle, simbolo della faticosa ascesa verso il bene e dell’espiazione dei peccati, comincia a sentirsi risollevato e prossimo alla propria salvezza. Ma la salita viene ostacolata da tre belve, che rappresentano le allegorie di tre peccati quali la lussuria, superbia e avarizia (secondo altri studiosi simboleggiano le tre categorie aristoteliche del peccato ovvero la malizia, la sfrenata bestialità e l’incontinenza) dunque cadendo di nuovo vittima della perdizione. A questo punto, si presenta Virgilio raffigurazione della ragione umana e della filosofia annunciandogli che, se vorrà raggiungere l’ambita meta, dovrà visitare sotto la sua guida due regni: quello dei dannati ovvero l’Inferno e quello del Purgatorio. Perché poi egli possa avere diretta conoscenza del regno dei prescelti nel Paradiso, Dante dovrà essere accompagnato da Beatrice, allegoria della Fede e della teologia.
Tutti questi personaggi e simboli, dal profondo e preciso significato allegorico hanno ispirato moltissimi artisti durante i secoli: il primo fu Priamo della Quercia, fratello minore del celebre scultore Jacopo della Quercia cui realizzò diverse illustrazioni in un codice miniato.
Sandro Botticelli che tra il 1480 e il 1495 su commissione di Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici cugino di Lorenzo il Magnifico, rappresentò su pergamena cento illustrazioni sui Canti della Divina Commedia, ma completando solo quello introduttivo all’Inferno, realizzando La Voragine Infernale.
E ancora gli ottantotto disegni di Federico Zuccari, realizzati nella fine del 1500, dove interpreta i punti cruciali della Divina Commedia. Visibili nella collezione degli Uffizi, oggi sono disponibili in formato online, dedicati alla mostra A riveder le stelle.
Nel 1587 vengono realizzate le rare illustrazioni dall’artista fiammingo Jan van der Straet, conosciuto come Giovanni Stradano.
Qualche secolo dopo, l’artista inglese John Flaxman creò circa 110 disegni su commissione di un aristocratico britannico. Sono illustrazioni note per la composizione semplice e poco accattivante, ma nonostante tutto influenzarono molti artisti, tra cui William Blake che negli anni venti del 1800 realizzò ben 102 illustrazioni tra schizzi a matita ed acquarelli, rappresentando scene di sofferenze, orribili trasfigurazioni umane, perfezione della forma fisica, rimanendo fedele al testo di Dante, ma apportando il proprio punto di vista introducendo dei propri elementi interpretativi ai concetti come il peccato, la vendetta, il castigo, la salvezza.
Qualche anno dopo il francese Gustave Doré realizzò delle incisioni pubblicate negli anni sessanta del 1800, dal tratto ben riconoscibile e creando paesaggi infernali inediti in cui anche gli alberi e le foglie sembrano possedere un’anima. La selva, fredda ed oscura, pare di non aver mai incontrato la luce e Dante fa fatica a trovare la strada e a muoversi liberamente, perché aggrovigliato nei rovi selvaggi. L’artista riesce a mostrare la grande plasticità dei corpi attraverso tratti forti e ben definiti, come solo Michelangelo aveva saputo fare.
Ultimo, ma non di certo per importanza fu Salvador Dalì. Tra il 1951 e il 1960 l’artista fu invitato dal governo italiano a commemorare la nascita di Dante Alighieri, realizzando per l’occasione una serie di illustrazioni che rappresentassero il poema allegorico, creando 101 disegni ad acquarello. Il lavoro non fu ben accolto dal pubblico italiano, sicchè il progetto subì un abbandono. Tuttavia Dalì, insieme all’editore francese Joseph Foret, proseguirono l’idea con la pubblicazione dei disegni che divennero xilografie che accompagnarono l’edizione.
Le illustrazioni mostrano immagini incredibili che spaziano dal grottesco al sublime dove Dalì segue Dante durante tutto il suo viaggio, rappresentando la sintesi di tutte le sperimentazioni da lui condotte: dagli orologi deformi, ai cassetti che si aprono in ogni parte del corpo fino alle immagini più mostruose.