Il pathos e grandezza della figura umana trovano un riscontro esemplare all’interno dei riquadri delle Storie di San Pietro, affrescate a Firenze, nella cappella Brancacci, situata all’interno della chiesa di Santa Maria del Carmine. Commissionata da Felice Brancacci, un uomo politico e mercante fiorentino, essa rappresenta sicuramente uno degli esempi più notevoli di pittura rinascimentale. Essa previde in origine una cooperazione tra due grandi artisti di quel tempo: Masaccio e Masolino da Panicale.
La decorazione, non portata a termine, sarebbe poi stata conclusa da Filippo Lippi nella seconda metà del secolo. Gli affreschi sono databili tra il 1425 e il 1427 dove i due pittori lavorarono separatamente: nei riquadri spettanti a Masaccio si concretizzò una compiuta celebrazione della grandezza umana che traeva la sua forza, dall’eroica consapevolezza della fragilità e debolezza della condizione umana, riepilogata nella tragica immagine di Adamo ed Eva nell’affresco della Cacciata dei progenitori dal Paradiso terrestre. L’angelo con il suo gesto esprime il comando di lasciare il Paradiso ed avviarsi verso un mondo crudele e inospitale; Adamo piange, disperato porta le sue mani al viso, Eva altrettanto afflitta, cerca di coprire le nudità divenute svergognate.
Molto diversi dalla coppia idealizzata dal pittore umbro, Masolino nella scena del Peccato Originale: le due rappresentazioni che si fronteggiano ai lati dell’entrata della Cappella Brancacci, sembrano proprio voler rappresentare la transizione dell’arte fiorentina dall’età gotica a quella rinascimentale. I due artisti, pur essendo dello stesso periodo (lavorarono nello stesso momento) gli affreschi risaltano le culture inconciliabili.
Masolino da un lato, usa le figure con proporzioni allungante dalla bellezza ideale, ma prive di capacità espressiva, decanta un retaggio privo di naturalezza tipico delle corti signorili del Medioevo. Masaccio con le sue corporature naturalistiche e atletiche ispirate ai modelli classici, le raffigura drammaticamente, annunciando la nuova concezione del mondo moderno e umanista tipica del ‘400.
L’episodio più celebre del ciclo della cappella e forse della carriera di Masaccio è il Tributo, un tema non spesso raffigurato, che allude forse alle vicende della vita del committente o all’istituzione fiorentina del catasto e ispirato a un affresco romano ammirato poco prima di cominciare la sequenza. Qui san Pietro compare tre volte (al centro alla richiesta del tributo a Gesù mentre indica con il dito la riva del lago; a sinistra, la pesca di Pietro mentre s’inginocchia a prendere la moneta dalla bocca del pesce; infine il pagamento del tributo al gabelliere a destra). Masaccio regola tutta la scena attraverso la prospettiva e dall’osservazione naturalistica che creano un paesaggio realistico che si lega al ritmo delle figure e si riunificano sulla testa di Cristo, perno gravitazionale della rappresentazione.
Tutto è saldo, le figure sono plasticamente rivelate dai giochi di luci ed ombre, ben coordinate tra di loro e connesse con l’aperto paesaggio montano: nacque così la moderna historia figurata.
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