December 2, 2020 Geko 0 Comments

Chi meglio di Michelangelo Merisi esprime in maniera così dettagliata la realtà? Chi è in grado di avere tanta fede nel vero? A queste domande ancora nessuno ha dato una risposta concreta e certa. Si sa, Michelangelo Merisi detto Caravaggio è il massimo esponente del Naturalismo. Naturalismo come vera e propria ricerca del reale quanto più soggettivo possibile.


Sin dal ‘600 numerosi sono stati gli artisti che si sono ispirati a Michelangelo Merisi, vero nome di Caravaggio, da un paesino del bergamasco, dove si credeva l’artista fosse nato nel 1571. Si oppone al manierismo per creare opere uniche che attraversano vari periodi storici. Le sue sono tra le più belle opere di tutta la storia dell’arte moderna. Evidenti sono le sue opere nella dimensione teatrale di alcuni suoi capolavori, che coinvolgono fin da subito con il forte realismo nel riprodurre le figure, anime, spesso illuminate, riprodotte con luce violenta, densa, coinvolgente. La luce irrompe così: sottolineando teatralmente il volume dei corpi, dell’ombra e il dramma quotidiano dell’esistenza…


Nelle sue pitture ad olio è presente una forte dimensione spirituale.
Prima di Caravaggio si era alla ricerca costante del bello, l’invenzione della perfezione e di ciò che è oggettivamente bello fisicamente per riprodurre opere che fossero sempre vicine alla “perfezione”! Ma Caravaggio con le sue opere riusciva a far trapelare le emozioni, i sentimenti, i caratteri unici di ogni personaggio all’interno dei suoi quadri. Traspare perfettamente ciò che è dentro questi personaggi, il loro stato d’animo, la loro compassione.
Caratterizzazione fondamentale è il gioco di luci, che riempiono complessivamente l’opera d’arte e la rende riproduzione totale di un istante di vita, proprio come una fotografia, resa tale dal tocco naturalistico e realistico.
È un Mondo nuovo quello caravaggesco, vivere attraverso la potenza della sua luce. Nel XVII secolo divenne famoso in tutto il mondo per la straordinaria capacità di costruire la composizione pittorica attraverso la luce e l’ombra, principalmente al chiaro scuro e ai contrasti di colore è affidato il ruolo di indagare ogni cosa: gesti, atteggiamenti sottolineando l’intima drammaticità del reale. Nelle sue opere sconvolse il pubblico e la critica, capace di impressionare e stupire.
È un Realismo tale da non lasciare dubbi sull’umanità delle sue figure. Poneva sempre in risalto la divinità dell’umanità: mondo reale, potente e semplice al contempo. Riescono a portare il divino nel mondo del reale fatto di carne, di corpi, di muscoli, di piedi grossolani, di volti contratti, di espressioni non sempre eleganti, di passioni e di sentimenti umani. La luce è sempre stata la sua alleata, Caravaggio amava giocare con la luce e le sue ombre. In molti casi non ci sono passaggi di luce graduale, riesce a svelare alcuni dettagli della scena senza far emergere la bellezza, ma con il forte uso del chiaro scusa riuscì a mettere in risalto i corpi e i movimenti.


Caravaggio ci insegna a guardare ognuno di noi, ci insegna a sapere che non siamo soli. Nei suoi quadri vi è mancanza di decoro, i dettagli scabri e gli oggetti personificati; dettagli dati da vita vissuta, grazie al contrasto della luce e del buio.
La cultura pittorica del Caravaggio parte dal figurativo ma vuole ottenere una nuova libertà di espressione per dislocarsi da quel mondo. Circa 18 anni di evoluzione e continui e sostanziali mutamenti stilistici.


Anche se durante la sua vita non ebbe un legame diretto con la città di Firenze, la Toscana determinò la destinazione delle sue spoglie; morì a Porto Ercole (Grosseto) nel 1610.
Non poche opere di Caravaggio si conservano nei musei fiorentini: nella Fondazione Longhi troviamo il “Ragazzo che monda un frutto” e il “Ragazzo morso da un ramarro”. Nessun pittore usò la luce come lui, mette in scena e in risalto molti oggetti, per esempio il ramarro che si annida silenziosamente nella scena. L’acqua, simbolo ambivalente, stagnazione e purificazione.


Agli Uffizi invece troviamo il celebre Bacco: un’opera perfetta e facente parte del periodo “chiaro” (ancora non dedito a quell’oscurità tipica), qui ci dimostra l’uso sapiente della pittura nella realizzazione delle nature morte. Rappresentato con un fiocco, simbolo del legame che unisce il mondo del divino e l’uomo.
Ancora vi troviamo la Medusa e il Sacrificio di Isacco.
La prima era lo scudo da parata per Ferdinando I, Granduca di Toscana commissionato dal cardinal Francesco del Monte (protettore del Merisi); non si hanno certezze sulla scelta del tema, c’è da dire che si trattava di una scelta non nuova da raffigurare negli scudi da parata dell’epoca… Ma lo sguardo di Medusa dipinto, sta forse a significare l’intenzione di pietrificare il nemico?
Il Sacrificio di Isacco, opera meritevole dal punta di vista non solo artistico, ma anche ai riferimenti di opere di Caravaggio precedenti: qui il Maestro, interpreta il tema fedelmente (Dio, per mettere alla prova la fede di Abramo, gli ordina di sacrificare il suo unico figlio, Isacco, ma viene fermato da un angelo del Signore) ed insieme alla “Riposo nella fuga in Egitto” è l’unico quadro che rappresenta nello sfondo un paesaggio.
Questo quadro commissionato da Maffeo Barberini, andò successivamente ad arricchire la collezione Colonna di Sciarra. Da quest’ultimi (o da un terzo che lo aveva acquistato in precedenza) lo acquistò Charles Fairfax Murray, pittore inglese che visse per lungo tempo a Firenze, ritenendolo opera di Gherardo delle Notti. Suo figlio John lo donò poi agli Uffizi nel 1917.


Ma continuiamo a raccontare la vita “tumultuosa” di questo grande Maestro: nel 1590 si recò a Roma. Inizialmente lavorò presso artisti di poco rilievo, per un attività commerciale. Successivamente però, nel 1593 riuscì ad entrare nella bottega del cavalier Giuseppe Cesari D’Arpino (dove nel “fanciullo con canestro di frutta” fa una rappresentazione molto dettagliata della natura morta) e nel 1594-95 la conoscenza del cardinale Del Monte, cambiò la sua condizione di artista teso ad affermarsi professionalmente. Già nella sua giovane età c’è la presenza di temi mitologici allegorici.


Le sue prime opere d’arte risalente a questo periodo sono i così detti quadri “allo specchio”: Bacchino Malato (che forse rappresenta un momento di malattia dell’artista), Fanciullo con Canestro di Frutta, Ragazzo morso da un ramarro. Sono rappresentazioni in cui traspare un binomio naturalistico e sensibile del Caravaggio con queste rappresentazioni vere e pure ma allo stesso tempo tristi e malinconiche. In Bacchino Malato vediamo il forte contrasto naturalistico tra la rigogliosa corona d’edera e i due acini marci , simbolo della fragilità della vita. Vediamo come la natura morta si sposa perfettamente con l’animo caldo e sincero dei volti che dipinge, sono uomini esistiti veramente, presi dalla strada.
Inequivocabile Caravaggio, che ci mostra la società così con me, senza peli sulla lingua. Ormai famoso nel 1601 gli fu commissionata un’altra grande opera, nella Cappella Cerasi a Roma, Crocifissione di San Pietro e la caduta di Saulo o conversione di San Paolo. Caravaggio già in queste tele collauda nuovi schemi compositivi per i suoi soggetti tenendo in considerazione la destinazione delle sue opere. Realizza un dipinto dal carattere anti eroico, togliendo qualsiasi aspetto sacro. La luce sfiora non solo il protagonista, san Pietro, ma anche i suoi carnefici quasi a sollevarli e a perdonarli delle loro colpe.


Caravaggio non ha mai proceduto alla progettazione e allo studio delle sue opere attraverso il disegno. Resta il fatto che il pittore negava risolutamente al disegno l’importanza che al tempo gli era invece istituzionalmente riconosciuta, suscitando scandalo presso i suoi contemporanei.
Ma i guai iniziavano a condizionare la sua vita personale. La vita privata di Caravaggio era ormai segnata da una sequela di risse, arresti e rilasci su garanzie di personaggi altolocati. In seguito ad un omicidio di un avversario al gioco della pallacorda, venne condannato a morte.
Si rifugia a Napoli nel 1607 e dipinse altre opere sempre ispirandosi alla Bibbia.
Verso il 1608 si traferisce temporaneamente a Malta, per entrare a far parte dell’ordine dei cavalieri di san Giovanni di Gerusalemme, e venne investito del titolo di cavaliere di gran maestro. Anche a Malta ebbe successo. Riproduce personaggi più piccoli del solito, e dà spazio all’ambiente. Tornato in Italia, fu rinchiuso a Roma nel castello Sant’Angelo ma in attesa del processo fuggì a Siracusa. Produce opere innovative in questo periodo. Da Siracusa a Messina, poi Palermo e di nuovo Napoli, dove fu aggredito.


Nel 1910, secondo gli storici Caravaggio fu incarcerato a Porto Ercole. Tornato in libertà, egli muore per una brutta malattia il 17 agosto, a soli 39 anni.